Peperoncino piccante calabrese (Pipariellu, Cancariellu)

LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.

TECNICHE DI LAVORAZIONE: Il peperoncino in Calabria generalmente è coltivato, da quasi tutte le famiglie, in vasi esposti al sole, nel giardino o sui balconi. Molte sono anche le aziende che coltivano il peperoncino piccante direttamente in pieno campo, utilizzando tecniche di lavorazione molto tradizionali in quanto si tratta di una pianta che non necessita di molte cure.

PERIODO DI LAVORAZIONE: Da febbraio a settembre.

MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: I peperoncini vengono essiccati ai raggi del sole.

CONSERAZIONE: I peperoncini vengono infilati con ago e filo fino a formare una collana e poi vengono appesi in cucina o in un altro posto idoneo.

territorio = TUTTE

FORMA: Allungata e/o rotonda.

DIMENSIONI MEDIE: Varie.

PESO MEDIO: Da 5 a 40 gr.

SAPORE: Piccante.

ODORE: Forte e persistente.

COLORE: Rosso maturo.

tradizione = Il peperoncino appartiene alla famiglia delle Solanacee. Il genere al quale appartiene il peperoncino piccante è il Capsicum, nome latino che deriva da capsa (scatola) per la particolare forma del frutto che ricorda proprio una scatola con dentro i semi. Usato come alimento fin dai tempi antichissimi, dalla testimonianza di reperti archeologici sappiamo che era conosciuto in Messico 9.000 anni fa e già nel 5.500 a.C. era presente in quelle zone come pianta coltivata. In Europa il peperoncino è arrivato con Cristoforo Colombo che l’ha portato dalle Americhe. La Calabria è unanimamente riconosciuta la Regione che in Italia consuma più peperoncino, se n’erano accorti anche i viaggiatori stranieri che fra il ‘700 e l’800 venivano a visitarla. La Calabria ha inoltre un altro originario primato. Per questo suo antico legame col peperoncino è la Regione italiana che annovera il maggior numero di “leccornie infuocate” vere e proprie specialità nelle quali il piccante è protagonista e non un accessorio facoltativo. Molte di queste appartengono alla tradizione, altre invece sono invenzioni di chef o di aziende più sensibili o interessate. Scrive il Prof. Vito TETI, Antropologo, “Nell’odierna cucina calabrese è raro trovare un piatto in cui non appaia, in dose moderata o esagerata, il peperoncino piccante”. Ha trovato nel Sud, particolarmente in Calabria, l’habitat più adatto, tanto che il peperoncino piccante coltivato in Calabria viene da tutti riconosciuto, per le particolari caratteristiche organolettiche, il migliore in assoluto.Esiste documentazione che comprova la tradizionalità del prodotto presso l’Accademia Nazionale del Peperoncino – Diamante (CS).

Peperoncino di Spilinga (Pipariellu, Cancariellu)

LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.

TECNICHE DI LAVORAZIONE: Il peperoncino in Calabria generalmente è coltivato, da quasi tutte le famiglie, in vasi esposti al sole, nel giardino o sui balconi. Molte sono anche le aziende che coltivano il peperoncino piccante direttamente in pieno campo, utilizzando tecniche di lavorazione molto tradizionali in quanto si tratta di una pianta che non necessita di molte cure.

PERIODO DI LAVORAZIONE: Da febbraio a settembre.

MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: I peperoncini vengono essiccati ai raggi del sole.

CONSERAZIONE: I peperoncini vengono infilati con ago e filo fino a formare una collana e poi vengono appesi in cucina o in un altro posto idoneo.

territorio = VV

FORMA: Rotonda.

DIMENSIONI MEDIE: Varie.

PESO MEDIO: Da 5 a 40 gr.

SAPORE: Piccante.

ODORE: Forte e persistente.

COLORE: Rosso maturo.

AREA DI PRODUZIONE: Tutto il territorio del Monte Poro.Il peperoncino appartiene alla famiglia delle Solanacee. Il genere al quale appartiene il peperoncino piccante è il Capsicum, nome latino che deriva da capsa (scatola) per la particolare forma del frutto che ricorda proprio una scatola con dentro i semi. Usato come alimento fin dai tempi antichissimi, dalla testimonianza di reperti archeologici sappiamo che era conosciuto in Messico 9.000 anni fa e già nel 5.500 a.C. era presente in quelle zone come pianta coltivata. In Europa il peperoncino è arrivato con Cristoforo Colombo che l’ha portato dalle Americhe. La Calabria è unanimamente riconosciuta la Regione che in Italia consuma più peperoncino, se n’erano accorti anche i viaggiatori stranieri che fra il ‘700 e l’800 venivano a visitarla. La Calabria ha inoltre un altro originario primato. Per questo suo antico legame col peperoncino è la Regione italiana che annovera il maggior numero di “leccornie infuocate” vere e proprie specialità nelle quali il piccante è protagonista e non un accessorio facoltativo. Molte di queste appartengono alla tradizione, altre invece sono invenzioni di chef o di aziende più sensibili o interessate. Il peperoncino piccante di Spilinga è particolare e si differenzia dagli altri per le caratteristiche organolettiche conferitegli dalle particolarità del territorio. Viene utilizzato principalmente per la preparazione della famosa “nduja”.Esiste documentazione che comprova la tradizionalità del prodotto presso l’Accademia Nazionale del Peperoncino – Diamante (CS).

Peperoncini sott’olio (Pipi sutt’uagliu)

LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.

TECNICHE DI LAVORAZIONE: I peperoncini vengono posti in salamoia per circa 30 giorni e utilizzati come semilavorato, previo allontanamento del sale in eccesso, per la preparazione degli invasettati sott’olio.

PERIODO DI LAVORAZIONE: Estivo.

MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: Fermentazione sotto sale per circa 30 giorni.

territorio = TUTTE

INGREDIENTI UTILIZZATI: Peperoncini rossi e verdi, generalmente piccanti; olio extra-vergine di oliva.

FORMA: Tipica dell’ortaggio.

DIMENSIONI MEDIE: Dai 15 ai 20 cm. di lunghezza.

PESO MEDIO: Variabile.

SAPORE: Piccante.

ODORE: Intenso.

COLORE: Rosso vivo.

tradizione = Esiste documentazione che comprova la tradizionalità del prodotto presso numerosi testi di tradizioni popolari.

Peperoncini piccanti ripieni

TECNICHE DI LAVORAZIONE: Si utilizzano le varietà di peperoncino rotonde dolce o piccante. In particolare è abbastanza diffusa  la cultivar “Ciliegia piccante” che appartiene alla varietà botanica Cerasiforme. E’ pianta da rinnovo, a ciclo primaverile-estivo con impianto da marzo in poi. La raccolta avviene 60-70 giorni dopo il trapianto e si protrae per 2-4 mesi a seconda delle condizioni ambientali.Raccolta: i peperoncini sono raccolti poco prima della maturazione quando sono ancora verdi perchè più consistenti.Osservare alcuni accorgimenti volti a non compromettere per surriscaldamento la consistenza del peperoncino alla successiva fase di lavorazione (es. raccolta nelle prime ore del mattino, stoccaggio in recipienti forati).Lavaggio in acqua corrente fresca e asciugatura (stesi su graticci al naturale o con centrifuga).Mondatura e taglio: i peperoncini sono privati del peduncolo e cavati con coltello all’interno togliendo semi e polpa.Ammollo: i peperoncini sono lasciati in ammollo in acqua, aceto e sale (2 parti di acqua, una di aceto, sale q.b. per ottenere una soluzione non salata) fino a quando non cambiano gradatamente colore (diventa opaco).Sgocciolatura e asciugatura: i peperoncini sono posti ad asciugare con la cavità rivolta verso il basso.Ripieno: ogni peperoncino è riempito a mano con un composto precedentemente preparato a base di tonno all’olio di oliva, carote a filetti,  olive denocciolate a pezzetti, capperi.Invasettamento: i peperoncini sono sistemati capovolti (cavità verso il basso), senza pressare, in vasetti di vetro, coperti con olio extravergine di oliva e tappati ermeticamente sotto vuoto.

territorio = CS

INGREDIENTI UTILIZZATI: Peperoncini rotondi interi dal sapore piccante, olio di oliva, tonno sott’olio di oliva, carote a filetti, olive denocciolate a pezzetti, capperi.

AREA DI PRODUZIONE: Il territorio interessato alla produzione e la Valle del Crati. Comuni di Bisignano, Cerzeto, Cervicati, Lattarico, Luzzi, Mongrassano, Rose, Rota Greca, San Martino di Finita, Torano Castello.Il peperoncino, di notevole produzione nell’area, è ingrediente basilare della tradizione gastronomica locale. A tal fine il peperoncino è lavorato e conservato secondo procedimenti che si sono consolidati nel corso del tempo e che variano a secondo dell’uso a cui è destinato.

ricette = Si consumano come antipasti e/o contorni.

Patata della Sila

lavorazione = 

  • Concimazione di fondo (pre-impianto) con concime ternario o in alternativa 400 q.li di letame maturo;
  • Aratura, frangizollatura, assolcatura, semina e diserbo;
  • Dopo circa 30 giorni dalla semina si esegue la rincalzatura e la concimazione azotata di copertura;
  • Trattamenti di difesa fitosanitaria: fungicidi contro peronospora e insetticidi contro dorifera ed afidi;
  • Irrigazione: 3.000-4.000 metri cubi/ha in tutto il ciclo colturale;
  • Trattamento pre-raccolta con distruzione della parte aerea per favorire l’ispessimento della buccia;
  • Raccolta meccanica con scavapatate, trasporto in magazzino e vendita.

territorio = TUTTE

descrizione = La forma è allungata e rotondeggiante a seconda della varietà; la buccia è giallo crema, nella varietà “Desirèe” è rossa. La pasta è gialla ed il sapore è molto gradevole. Si presta bene per tutti gli usi e durante la frittura mantiene un ottima consistenza. Il calibro dei tuberi è di circa 60 mm.

AREA DI PRODUZIONE: Provincia di Cosenza e di Catanzaro.Quando si parla di patate di Calabria di pensa e si dice Sila. Il territorio interesato è quello della Provincia di Cosenza e Catanzaro.Il ciclo colturale è primaverile-estivo e necessita di essere irrigato. La patata coltivata in Sila ha delle caratteristiche organolettiche molto particolari grazie alle condizioni pedo-climatiche. Infatti, in Sila, nel periodo estivo vi sono forti escursioni termiche che stressano le colture e le inducono ad accumulare un maggior quantitativo di zuccheri, e quindi in genere tutti i prodotti della Sila sono più dolci e gradevoli.Il prodotto è tipico della zona almeno dall’inizio del secolo scorso.

Panicilli o Panicelli di S. Maria del Cedro

LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Miste.

TECNICHE DI LAVORAZIONE: Gli acini di uva bianca vengono distesi su tavole di legno e bagnate di tanto in tanto con una soluzione alcalina composta da acqua e cenere di sarmenti con aggiunta di olio. Si lasciano asciugare al sole. Quando hanno perso abbastanza umidità gli acini vengono riposti in vasi di terracotta il cui coperchio viene sigillato con il gesso. All’uva passita così ottenuta si aggiungono dei pezzetti di cedro canditi. Il tutto viene avvolto in foglie di cedro legate fra loro con fibre vegetali, generalmente ginestra, in forma sferica. Successivamente il prodotto viene brevemente posto in forni tradizionali, a temperatura non troppo elevata, per eliminare la residua umidità.

PERIODO DI LAVORAZIONE: Da novembre a gennaio.

territorio = CS

INGREDIENTI UTILIZZATI: Uva passita, foglie di cedro e cedro candito.

FORMA: Sferica.

DIMENSIONI MEDIE: 15-20 cm. di diametro.

PESO MEDIO: Dai 100 ai 200 gr.

SAPORE: Molto dolce.

ODORE: Fruttato.

COLORE: Dal verde scuro al marrone.

tradizione = La versione originale, che risale all’epoca dei romani, prevedeva l’impiego delle foglie di fico, di platano e di vite per conservare l’uva passita. Anche Gabriele D’Annunzio scrive di questo prodotto nel suo romanzo “La Leda senza cigno”. Nella fascia tirrenica cosentina vengono invece utilizzate le foglie di cedro. Il termine omonimo folloviello deriva, secondo alcuni etimologi da “follare” (pigiare), secondo altri da “folliculus” (sacchetto, guscio).Prodotto tipicamente invernale maggiormente ricercato durante il periodo natalizio.Esiste documentazione che comprova la tradizionalità del prodotto presso testi di cucina calabrese e testi di letteratura italiana.

Pallone di Fichi (Paddruni ‘i Ficu)

Sui fichi di Calabria così si è espresso molto significativamente l’Abate Giocchino da Fiore:

“Nientemeno più prezioso, e per la copia e per la perfezione egli è il raccolto dei fichi. Principia egli nel mese di giugno e si allunga fino all’altro di decembre, sempre l’une succedendo all’altre … nere, bianche, altre brune, altre rossaccie, tutte però così dolci, che filano dalla creduta bocca stille di miele, e come se per filarlo non bastasse una sola apertura sul capo, sovvente ancora si stracciano per i fianchi”.

La particolarità del pallone di fichi consiste nell’impiego di foglie di fico cotte al forno insieme con i frutti, il prodotto ottenuto assume così un caratteristico sapore che lo contraddistingue. Continua a leggere “Pallone di Fichi (Paddruni ‘i Ficu)”

Origano selvatico della Calabria (Riganu, Arigana, Friganara, Rianacci, Riganella, Riniu)

LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Artigianale.

TECNICHE DI LAVORAZIONE: Si raccoglie a mazzetti all’inizio della fioritura e si essicca all’ombra.

MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: Il periodo di fioritura va da luglio a settembre.

territorio = TUTTE

FORMA: Fusto eretto con infiorescenze.

DIMENSIONI MEDIE: Altezza da 40 a 70 cm.; calice 2-3 mm.; corolla 4 mm.

SAPORE: Amaro.ODORE: Fragrante e aromatico.

COLORE: Fusto generalmente arrossato; infiorescenza di colore bianca o rosea con brattee basali di colore verde.

tradizione = L’origano calabrese è identificato nella specie Heracleoticum appartenente al genere Origanum della Famiglia delle Labiate.Questa pianta si trova allo stato spontaneo nelle boscaglie e cespuglieti di tutta la regione, dai 200 ai 1.400 metri. E’ caratterizzata dall’odore fragrante dovuto ad elevate quantità di olii essenziali contenuti nelle ghiandole puntiformi che ricoprono le brattee fiorali.L’Origano è stato utilizzato fin dall’antichità sia a scopi alimentari sia medicinali per le sue proprietà antisettiche. Le parti utilizzati sono le infiorescenze e gli steli.Ancora oggi viene largamente utilizzato per aromatizzare diversi piatti regionali (sughi, carni, olive, insalate). Gli steli secchi, senza foglie, venivano usati come disinfettanti nel caso di infiammazioni auricolari.La presenza allo stato selvatico di questa pianta è testimoniata anche dalla citazione contenuta nel “Vocabolario del dialetto calabrese” di Accattatis – Castrovillari, 1897.

Olive sotto sale (Alive mmaccate salate)

LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.

TECNICHE DI LAVORAZIONE: Le olive appena raccolte si lavano e si schiacciano con una pietra (o con un oggetto pesante), poi si lasciano in un contenitore pieno d’acqua per circa 10 giorni che serve a renderle dolci. A questo punto si possono mettere sotto sale a strati nel “tineddru”, insieme a peperoncini rossi piccanti a pezzettini, aglio e finocchio selvatico, olio.Dopo di che, ci si mette sopra un disco di legno con un grande peso, di solito costituito da una o più pietre.

PERIODO DI LAVORAZIONE: Da novembre a marzo.

MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: La maturazione avviene al naturale in recipienti di terracotta o vetro per un periodo minimo di 10 giorni.

CONSERVAZIONE: Invasamento in vasi di vetro con aggiunta di olio come liquido di governo.

territorio = TUTTE

INGREDIENTI UTILIZZATI: Olive, olio di oliva, origano, semi di finocchio selvatico, sale, peperoncino.

FORMA: Ovoidale

PESO MEDIO: 15-25 gr.

SAPORE: Dolce.

ODORE: Aromatico.

COLORE: Verde.

tradizione = La storia dell’olivo è intimamente legata alla storia della civiltà, soprattutto di quelle che si sono succedute nel bacino del Mediterraneo. Dalla Siria e dalla Palestina l’olivo si diffonde in Anatolia e in Egitto attraverso le isole di Cipro e Creta. A partire dal VI secolo a.C. l’olivo si estende a tutto il bacino del Mediterraneo, dalle sponde africane a quelle italiane, dalla Francia meridionale fino alla penisola Iberica. La colonizzazione della Magna Grecia (VII secolo a.C.) e l’Impero Romano diffusero poi la coltivazione dell’olivo in tutti i paesi del Mediterraneo. Perfino un’antica leggenda ellenica riporta che, Cecrope, semidio, alla fondazione della città di Atene, chiese per la sua città la protezione degli dei; tra questi nacque una competizione sotto gli auspici di Zeus, tra Poseidone, dio del mare e Atena, dea della saggezza; Poseidone col suo tridente colpo’ la roccia facendone scaturire acqua salata, ed un cavallo, come auspicio della dominazione sui mari. Atena più semplicemente creò l’olivo, che per millenni avrebbe offerto agli uomini un “succo prezioso” per la preparazione dei cibi, usato anche come alimento, per la cura, la bellezza ed il massaggio del corpo, fonte di luce. Atena ebbe la palma della vittoria, e divenne protettrice di quella città chiamata perciò Atene.

Olive schiacciate (Alive ‘mmaccate)

LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.

TECNICHE DI LAVORAZIONE: Le olive appena raccolte si lavano e si schiacciano con una pietra (o con un oggetto pesante), poi si lasciano in un contenitore pieno d’acqua per circa 10 giorni che serve a renderle dolci. A questo punto si ripongono definitivamente nel classico “tineddru” (recipiente di terracotta) o in un “boccaccio” coperti di acqua e sale. Dopo di che, ci si mette sopra un disco di legno con un grande peso, di solito costituito da una o più pietre.

PERIODO DI LAVORAZIONE: Da novembre a marzo.

MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: La maturazione avviene al naturale in recipienti di terracotta o vetro per un periodo minimo di 10 giorni.

CONSERVAZIONE: Invasamento in vasi di vetro con aggiunta di olio come liquido di governo.

territorio = TUTTE

INGREDIENTI UTILIZZATI: Olive, olio di oliva, origano, semi di finocchio selvatico, sale, peperoncino.

FORMA: Ovoidale

PESO MEDIO: 15-25 gr.

SAPORE: Dolce.

ODORE: Aromatico.

COLORE: Verde.

tradizione = La storia dell’olivo è intimamente legata alla storia della civiltà, soprattutto di quelle che si sono succedute nel bacino del Mediterraneo. Dalla Siria e dalla Palestina l’olivo si diffonde in Anatolia e in Egitto attraverso le isole di Cipro e Creta. A partire dal VI secolo a.C. l’olivo si estende a tutto il bacino del Mediterraneo, dalle sponde africane a quelle italiane, dalla Francia meridionale fino alla penisola iberica. La colonizzazione della Magna Grecia (VII secolo a.C.) e l’Impero Romano diffusero poi la coltivazione dell’olivo in tutti i paesi del Mediterraneo. Perfino un’antica leggenda ellenica riporta che, Cecrope, semidio, alla fondazione della città di Atene, chiese per la sua città la protezione degli dei; tra questi nacque una competizione sotto gli auspici di Zeus, tra Poseidone, dio del mare e Atena, dea della saggezza; Poseidone col suo tridente colpo’ la roccia facendone scaturire acqua salata, ed un cavallo, come auspicio della dominazione sui mari. Atena più semplicemente creò l’olivo, che per millenni avrebbe offerto agli uomini un “succo prezioso” per la preparazione dei cibi, usato anche come alimento, per la cura, la bellezza ed il massaggio del corpo, fonte di luce. Atena ebbe la palma della vittoria, e divenne protettrice di quella città chiamata perciò Atene.

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