Cipolline o Lampascioni sott’olio (Cipuddrizze sutt’uagliu)

LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.

TECNICHE DI LAVORAZIONE: I bulbi, dopo essere stati lavati,  vengono fatti cuocere in acqua ed aceto o, in alternativa, vino ed aceto, in parti uguali per alcune minuti. Si scolano, si mescolano quindi con gli aromi, e si conservano in appositi contenitori di vetro, ricoprendoli d’olio.

PERIODIO DI LAVORAZIONE: Da giugno a settembre.

CONSERVAZIONE: Contenitori di vetro.

territorio = TUTTE

INGREDIENTI UTILIZZATI: Lampascioni, acqua, aceto, aromi naturali, olio.

SAPORE: Agrodolce.

tradizione = Il nome scientifico dei lampascioni è Muscori mostruosum, detti in volgare “cipollaccio col fiocco” e “pan di cuculo”, termine quest’ultimo più adoperato nell’Italia centrale. Questa liliacea è molto rustica ed in primavera la si trova spontanea, nelle radure dei boschi, nei prati, nelle scarpate, ecc. rallegrando la vista con il suo colore blu. Un tempo il suo consumo era diffuso ovunque; oggi l’area si è ristretta solo ad alcune regioni meridionali ed in particolare in Calabria.

Cipolla rossa d Tropea o di Calabria (Tropeana)

LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.

TECNICHE DI LAVORAZIONE: Per questa coltura vengono applicate le stesse tecniche di lavorazione usate per gli ortaggi in generale.

territorio = TUTTE

FORMA: Tondo-piatta, mezza campana, allungata.

DIMENSIONI MEDIE: Varie.

PESO MEDIO: 80-130 gr.

SAPORE: Dolce e per niente piccante.

ODORE: Tipico.

COLORE: Rosa tendente al violaceo.

AREA DI PRODUZIONE: Costa tirrinica da Ricadi (VV) a Longobardi (CS).La cipolla rossa di Tropea rappresenta un ecotipo appartenente alla famiglia delle Liliacee, classificate come Allium Cepa. La sua introduzione in Calabria si fa risalire all’epoca della dominazione dei Fenici, come testimoniano alcuni reperti archeologici rinvenuti nella zona di Vibo Marina e Triniti. La coltivazione attuata in maniera diffusa, invece, risale ai primi dell’Ottocento, allorchè nel territorio di Parghelia (Vibo Valentia) venne per la prima volta inserita in rotazione al posto del cotone.I motivi perchè si afferma, vanno ricercati nelle peculiari caratteristiche della bulbosa, rappresentate dal colore rosso vivo delle tuniche, dalle dimensioni medio-grandi del bulbo, dalla precocità dell’epoca di maturazione e dalle pregevole caratteristiche organolettiche. Proprio queste ultime conferiscono al prodotto i connotati di specificità e tipicità, rappresentati essenzialmente dal sapore dolce e per niente piccante, dalla consistenza tenera e croccante nello stesso tempo, per cui si presta ottimamente per il consumo fresco, cruda o in insalata.In base all’epoca di produzione, si distinguono tre tipologie: “primizia”, “media-precoce”, “tardiva” che coprono il mercato che va da aprile fino a settembre.Esiste documentazione che comprova la tradizionalità del prodotto su alcuni pubblicazioni (Storia e Leggenda di Tropea, A. Sposaro, 1985).

Cicorie selvatiche sott’olio (Cicorie sutt’uagliu)

Cicorie sott'olio
Cicorie sott’olio

Il poeta latino Orazio affermava che per ristorarsi gli occorrevano olive, malve leggere e cicoria. Essa ha proprietà toniche, diuretiche, lassative, depurative, rimineralizzanti, antianemiche quindi è indicata nella astenia, nella stipsi, insufficienze biliari, crisi urinarie, ecc. L’uso di questa erba è consigliata ai diabetici. Discendenti della cicoria sono: l’indivia, la scarola e la cicoria riccia. Esiste documentazione che comprova la tradizionalità del prodotto presso testi di cucina calabrese. Continua a leggere “Cicorie selvatiche sott’olio (Cicorie sutt’uagliu)”

Cicoria selvatica di Calabria (Cicuore, Cicore, Cicora, Cicojira, Cicoina)

LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Artigianale.

TECNICHE DI LAVORAZIONE: In alcune zone della Calabria viene utilizzata per la preparazione di conserve sott’olio.

MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: Il periodo di fioritura va da luglio a settembre.

territorio = TUTTE

FORMA: Fusto prostrato o eretto; capolini numerosi sessili o peduncolati.

DIMENSIONI MEDIE: Altezza da 20 a 120 cm., achenio di 2-3 mm.

SAPORE: Molto amaro.

ODORE: Tipico.

COLORE: Capolini con corolla azzurra, raramente rosata.

tradizione = La Cicoria appartiene alla Famiglia delle Composite – Gen. Cicorium sp. Inthybus, cresce spontaneamente in tutta la regione ed è comune lungo le vie, negli incolti e rudereti ma si trova anche come infestante negli orti.E’ una pianta erbacea perenne o annuale con fusto ispido per la presenza di peli rivolti verso il basso. Le foglie sono irregolarmente pennato-partite. I capolini sono numerosi, sessili o peduncolati. La corolla è azzurra e raramente rosata, il frutto è un achenio di 2-3 mm. con pappo formante una breve coroncina apicale. La Cicoria selvatica è da sempre utilizzata nell’alimentazione e in fitoterapia come depurativo. Le parti utilizzate sono le foglie e le radici.La pianta è usata fresca per la preparazione di minestre insieme con altre verdure; l’acqua utilizzata per lessare le foglie è utilizzata come bevanda depurativa. In alcune zone della Calabria spesso questa pianta viene consumata da sola: una volta lessata si strizza bene e si salta in padella con olio, pan grattato e formaggio pecorino calabrese. In altre zone è utilizzata per conserve. Durante la II guerra mondiale, la radice arrostita forniva un surrogato del caffè.La presenza allo stato selvatico di questa pianta è testimoniata anche dalle citazioni contenute nel “Vocabolario del dialetto calabrese” di Accattatis – Castrovillari, 1897 e nel “Vocabolario dialettale Reggino-Italiano” di Giovanni Malara del 1909.

Cedro candito

LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivament manuale.

TECNICHE DI LAVORAZIONE: Per ottenere il frutto candito è necessario che il cedro venga sottoposto ad un trattamento iniziale di salamoiatura che ne preserva la conservabilità fino al momento della successiva trasformazione. Tolti dalla salamoia si “sbuzzano”, si elimina cioè la parte interna. Il processo di canditura consiste nella cottura-bollitura del prodotto in soluzioni zuccherine, al fine di consentire la penetrazione della miscela all’interno della buccia. Ad esso segue un lavaggio scrupoloso dei frutti ed una prima leggera cottura in acqua. Successivamente si immergono in una soluzione mista di zucchero (60%) e glucosio (40%) portata ad ebollizione per alcuni minuti. Il trattamento continua per un periodo variabile dai 3 ai 10 giorni alternando momenti di asciugatura a brevi bolliture fino a quando i singoli pezzi non assumono un aspetto vetrificato. A questo punto si lasciano raffreddare e si cospargono di zucchero a velo. In alternativa a questa ultima operazione, i cedri possono essere ricoperti di cioccolato fuso fondente.

PERIODO DI LAVORAZIONE: Da settembre a marzo.

territorio = CS

INGREDIENTI UTILIZZATI: Cedri verdi, zucchero, acqua. Nella variante del prodotto ricoperto si usa il cioccolato.

FORMA: Striscioline allungate ricurve.

DIMENSIONI MEDIE: 5-6 cm. lunghi, diametro 1-2 cm.

PESO MEDIO: Gr. 3-4.

SAPORE: Dolce.

ODORE: Agrumi.

COLORE: Verdino.

tradizione = Sulla costa tirrenica cosentina da Tortora a Cetraro, detta Riviera dei Cedri, si produce il 98% della produzione nazionale di cedro. Questo agrume lo si trova citato nell’Antico Testamento come il frutto (etrog) dell’albero più bello (adar), da cogliere per la festa delle capanne (sukkot), tipica del rituale religioso ebraico, e tramandata fino ai nostri giorni. Alcuni riferimenti della coltura del cedro si trovano negli scritti dell’Alberti del 1561 e dell’Abete Sestini nel 1970. In Calabria il cedro sarebbe giunto intorno al terzo secolo a.C., sempre ad opera delle popolazioni ebraiche, fondatrici di numerose colonie della Magna Grecia. Il cedro non è un frutto commestibile allo stato fresco. ma necessita di opportune trasformazioni. Per questi motivi la quasi totalità della produzione di cedro è destinata all’industria alimentare, farmaceutica e cosmetica. Nel territorio calabrese sono presenti pochissime imprese artigianali che trasformano questo prodotto. La produzione del cedro è passata dai quasi 50.000 quintali del 1970 a meno di 7.000 quintali negli ultimi anni.

Cedro (Citru)

LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.

TECNICHE DI LAVORAZIONE: Tradizionali tecniche di coltivazione usate in genere in frutticoltura.

territorio = CS

FORMA: Semiovale.

DIMENSIONI MEDIE: Varie.

PESO MEDIO: Gr. 500/700.

SAPORE: Semidolce.

ODORE: Agrumi.

COLORE: Verdino.

AREA DI PRODUZIONE: Litorale tirrenico cosentino.Sulla costa tirrenica cosentina da Tortora a Cetraro, detta Riviera dei Cedri, si produce il 98% della produzione nazionale di cedro. Questo agrume lo si trova citato nell’Antico Testamento come il frutto (etrog) dell’albero più bello (adar), da cogliere per la festa delle capanne (sukkot), tipica del rituale religioso ebraico, e tramandata fino ai nostri giorni. Alcuni riferimenti della coltura del cedro si trovano negli scritti dell’Alberti del 1561 e dell’Abete Sestini nel 1970. In Calabria il cedro sarebbe giunto intorno al terzo secolo a.C., sempre ad opera delle popolazioni ebraiche, fondatrici di numerose colonie della Magna Grecia. Il cedro non è un frutto commestibile allo stato fresco. ma necessita di opportune trasformazioni. Per questi motivi la quasi totalità della produzione di cedro è destinata all’industria alimentare, farmaceutica e cosmetica. Nel territorio calabrese sono presenti pochissime imprese artigianali che trasformano questo prodotto. La produzione del cedro è passata dai quasi 50.000 quintali del 1970 a meno di 7.000 quintali negli ultimi anni.

Ceci abbrustoliti (Calia)

LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.

TECNICHE DI LAVORAZIONE: Su un fornello rudimentale viene appoggiata una grossa pentola di ferro all’interno della quale vengono messi i ceci crudi, questi sono precedentemente ammollati per alcune ore in acqua e sale.I ceci vengono asciugati mettendo una consistente quantità si sabbia di mare, dorata e pulita nella pentola, la sabbia viene rinnovata fino a cottura completata.

PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

territorio = RC

INGREDIENTI UTILIZZATI: Ceci, acqua e sale.

FORMA: Sferica.

DIMENSIONE MEDIE: Diametro 0.80 cm.

PESO MEDIO: 1-2 gr.

SAPORE: Asciutto e farinoso.

ODORE: Abbrustolito.

tradizione = Presente nelle bancarelle più comuni e povere delle feste patronali.

Castagne di Calabria (Riggiola, ‘nserta, mamma)

castagna
castagna

Le castagne calabresi hanno una tradizione antichissima. Si pensi che esistono esemplari di castagno che arrivano fino a 400 anni di età. E’ l’unico prodotto che ha accompagnato la vita dell’uomo. In periodi di carestia lo ha sfamato, non a caso viene chiamato l’albero del pane. Quando invece l’uomo di montagna è emigrato, la castagna ha subito l’abbandono al quale si è aggiunta la malattia del cancro corticale che ne ha quasi decretato l’estinzione. Attualmente la castagna rappresenta la rinascita della montagna non solo perché si sta debellando questa grave malattia, ma perché soddisfa il bisogno di verde per i cittadini urbanizzati. E’ entrata nell’arte culinaria come prodotto di élite, in quanto si ottengono tantissimi prodotti pregiati ed apprezzati sul mercato. Rappresenta memoria storica e culturale della gente di montagna che in autunno ed in  inverno raccoglieva e trasformava questo generoso frutto nei caratteristici “Pastillari”, dove con particolari tecniche ed attrezzature seccavano il frutto trasformandolo in “Pastilli” (castagne secche). Le castagne calabresi sono molto apprezzate sul mercato del fresco perché sono dolcissime, con un elevato valore nutritivo e sono, inoltre, facilmente sbucciabili.

Lavorazione

I nuovi impianti vengono effettuati o attraverso la sostituzione dei vecchi impianti degradati oppure ex-novo. Si effettuano le operazioni classiche di preparazione del terreno e si utilizza un sesto d’impianto che varia da 9×9 a 10×10 in base alla pendenza ed alla qualità dei terreni. Nei primi anni d’impianto si pratica l’irrigazione per scorrimento e la fertilizzazione organica con le relative lavorazioni del terreno. La potatura di allevamento prevede dei tagli di ritorno tendenti a formare un vaso tradizionale. Le operazioni colturali applicate sono essenzialmente lo sfalcio e l’eliminazione degli arbusti invasivi a circa un mese prima della raccolta del prodotto; dove le pendenze sono abbastanza elevate il materiale di sfalcio viene utilizzato per sistemare superficialmente il terreno, in modo tale da ridurre l’erosione superficiale del terreno e da concentrare la caduta del frutto facilitandone la raccolta. La potatura di rimonda (di produzione) è sporadica e viene effettuata ogni 6-7 anni; soprattutto serve per eliminare i vecchi attacchi di cancro corticale e per facilitare quelli che hanno manifestato una certa ipovirulenza, che come è noto non è nociva alla salute della pianta bensì il diffondersi delle spore che dal ceppo ipovirulento trasforma l’attacco del ceppo virulento in quello ipovirulento. La raccolta del prodotto avviene manualmente utilizzando la manodopera familiare oppure la mezzadria.

territorio = TUTTE

  • Cultivar ‘NSERTA: E’ la varietà più diffusa sul territorio Calabrese. Presenta forma rotondeggiante, asimmetrica, ad apice conico, di colore bruno scuro con striature di media grandezza, di piccola e media pezzatura di n. 80-85 castagne/Kg.
  • Cultivar RIGGIOLA: Forma dei frutti ovale, ad apice schiacciato, colore bruno scuro con striature nere, presenta precocità di maturazione e raggiunge pezzatura di 75/85 castagne/Kg.
  • Cultivar MAMMA: Presenta una grossa pezzatura che può arrivare fino a 50-60 castagne/Kg. La sua forma ovale, rotondeggiante con apice conico, anche se presenta piccole protuberanze e l’ilo abbastanza grande. Il colore del frutto è bruno con striature nere.

TERRITORIO INTERESSATO DALLA PRODUZIONE

La Riggiola e ‘Nserta in tutte le aree castanicole calabresi comprendenti le aree Pre-Silane di Cosenza, Catanzaro e Crotone, ed in minima parte le Serre Vibonesi e la zona Aspromontana. Per quanto riguarda la cultivar Mamma l’area di coltivazione è compresa nei comuni di Sorbo San Basile, Cicala, San Pietro Apostolo, Serrastretta, Carlopoli, Panettieri e Bianchi.

Castagne al mosto cotto

TECNICHE DI LAVORAZIONE: Le castagne sgusciate, vengono bollite in una pentola con acqua e zucchero, poi vengono fatte raffreddare e vengono poste in vasetti di vetro insieme a del mosto cotto.

PERIODO DI LAVORAZIONE: Ottobre-dicembre.

CONSERVAZIONE: Il prodotto confezionato in vasetti di vetro, si conserva per circa un anno.

territorio = TUTTE

INGREDIENTI UTILIZZATI: Castagne, mosto cotto, zucchero.

FORMA: Barattolo di vetro.

DIMENSIONI MEDIE: Varie.

PESO MEDIO: 250 gr.

SAPORE: Dolce.

ODORE: Mosto.

COLORE: Rosso scuro.

tradizione = Antica ricetta della tradizione familiare calabrese.

Cannonata calabrese (Cannunata)

LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Miste.

TECNICHE DI LAVORAZIONE: La lavorazione della cannonata calabrese è simile alla lavorazione dei funghi e dei pomodori. La differenza è che essi vengono tritati. Dissalati i funghi e pomodori si aggiungono gli ortaggi misti tritati.

PERIODO DI LAVORAZIONE: Da luglio a novembre.

territorio = TUTTE

INGREDIENTI UTILIZZATI: Pomodori secchi, ortaggi misti (sedano, carote, melanzane, carciofini, peperoncini piccanti e dolci, funghi (boletus edulis, tricoloma portentosum, lactarius delicious), olio di oliva, sale, aceto.

FORMA: (confetture) cilindrica di varie dimensioni.

PESO MESIO: (confetture) da 200 gr. a 4.700 gr.

SAPORE: Molto piccante.

ODORE: Intenso.

COLORE: Rosso forte.

tradizione = E’ un prodotto a base di peperoncino piccante. La ricetta è sostanzialmente un tritato di verdure, funghi e molto peperoncino. Importato dalla Americhe fu utilizzato come condimento dal medico spagnolo Chanca già nel 1494. Nel 1568 il Mattioli ne parla come una pianta comune. Solo con la Sistematica di Linneo, nel ‘700, assunse il nome scientifico di capsicum.La cannonata, come la ‘nduja e la rosamarina è ottimo per crostini, per condire spaghetti, la pasta e fagioli, la pizza e soprattutto per “insaporire” le patatine fritte.Esiste documentazione che comprova la tradizionalità del prodotto presso testi di cucina calabrese.

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