lavorazione manuale

Polpette di melanzana (Purpetti i mulingiana)

LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.

TECNICHE DI LAVORAZIONE: Scottare le melanzane in acqua bollente; tritarle grossolanamente e mescolarle con la mollica di pane, formaggio pecorino, prezzemolo, aglio, sale e pepe nero. Pressare il composto tra le mani e preparare le polpette; passarle nel pangrattato e friggerle in abbondante olio.

PERIODO DI LAVORAZIONE: Da giugno a settembre.

territorio = TUTTE

INGREDIENTI UTILIZZATI: Melanzane, mollica di pangrattato, uovo, formaggio pecorino, prezzemolo, aglio, sale e pepe nero.

FORMA: Rotonda appiattita.

DIMENSIONI MEDIE: 5 cm. di diametro ed alta 1 cm.

PESO MEDIO: 20 gr.

SAPORE: Appetitoso e pungente.

ODORE: Gradevole.

tradizione = “L’impronta più consistente che la civiltà araba lasciò nella gastronomia calabrese fu l’introduzione della melanzana (o petronciana, gli arabi la chiamavano badanzana).” da “Lineamenti storici della gastronomia calabrese” di Giuseppe Polimeni, su Calabria Sconosciuta anno V – n.20 (ottobre-dicembre 1982).La ricetta è riportata su: – “La buona cucina di Calabria” a cura di Carlo Baccellieri – Edizioni Reghion- Reggio di Calabria, 1976.- “Panza china fa cantari – cucina e vini di calabria” di Ottavio Cavalcanti, P. Perri Editore.

Peperonata alla calabrese (‘nzimbato)

LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.

TECNICHE DI LAVORAZIONE: Tagliare a dadini le melanzane, senza sbucciarle, e metterle in salamoia e sotto pressa per circa un’ora; sbollentare i pomodori pelarli, togliere i semi e tagliarli a pezzi; pulire i peperoni e tagliarli a pezzi. Sciacquare le melanzane, strizzarle e metterle a friggere in abbondante olio. Quando saranno dorate, ma non troppo, toglierle e metterle da parte. Friggere i peperoni, le patate e riporli insieme alle melanzane. Soffriggere i pomodori ed aggiungere le melanzane ed i peperoni. Si serve tiepida come contorno.

PERIODO DI LAVORAZIONE: Da giugno a settembre.

territorio = RC

INGREDIENTI UTILIZZATI: Melanzane, peperoni, pomodori, basilico, sale.

FORMA: Listarelle irregolari.

DIMENSIONI MEDIE: varie.

PESO MEDIO: Vario.

SAPORE: Pieno e appetitoso.

ODORE: Penetrante.

AREA DI PRODUZIONE: Area della Costa Viola, San Giorgio Morgeto, Polistena (Piana di Gioia Tauro), nella Provincia di Reggio Calabria.

Questa pietanza tipicamente siciliana, in Calabria ha trovato ampia diffusione nelle famiglie popolari e borghesi con l’introduzione di sostanziali varianti per cui ha acquistato diritto pieno di cittadinanza.Se ne ha testimonianza nel “Diario di un viaggio a piedi – Calabria 1847” di Edward Lear (1812-1888), pubblicato per la prima volta a Londra nel 1852.La ricetta è riportata su “La buona cucina di Calabria” a cura di Carlo Baccellieri – Edizioni Reghion- Reggio di Calabria, 1976.

Melanzane ripiene (Mulingiani chini)

LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.

TECNICHE DI LAVORAZIONE: Sbollentare le melanzane in acqua leggermente salata, tagliarle a metà per il lato lungo, svuotarle della polpa e lasciarle raffreddare. Fare un composto con pan grattato mescolato a basilico, formaggio, la polpa di melanzana tagliuzzata, sale, pepe nero; amalgamare il tutto con un uovo ed un po’ d’olio. Farcire le semilune con il composto ottenuto e friggere in olio abbondante.

PERIODO DI LAVORAZIONE: Da giugno a settembre.

territorio = RC

INGREDIENTI UTILIZZATI: Melanzane, formaggio pecorino, mollica di pangrattato, uovo, basilico, olio, sale e pepe nero.

FORMA: Mezzaluna.

DIMENSIONI MEDIE: 8 cm. di lunghezza, 5 cm. di larghezza ed alta 3 cm.

PESO MEDIO: 70 gr.

SAPORE: Gustoso leggermente pungente.

ODORE: Gradevole.

tradizione = “L’impronta più consistente che la civiltà araba lasciò nella gastronomia calabrese fu l’introduzione della melanzana (o petronciana, gli arabi la chiamavano badanzana).” da “Lineamenti storici della gastronomia calabrese” di Giuseppe Polimeni, su Calabria Sconosciuta anno V – n.20 (ottobre-dicembre 1982).La ricetta è riportata su “Vini e cibi della Calabria” di Italo Albani e Gianni Bonacina, edizioni effe emme – 1977.

Maccheroni con il sugo di capra (Maccaruni ‘i casa cu sugu i capra)

In agosto si tiene la sagra “Carni i capra chi maccarruna” presso Ciminà (RC).

LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.

TECNICHE DI LAVORAZIONE: Pasta: lavorare la farina con l acqua, l impasto ottenuto viene tagliato in cilindretti di 4-5 cm, all interno di ciascun cilindretto viene inserito uno stelo di giunco o un ferro da calza.La pasta viene poi allungata per rotolamento e quindi sfilata.Sugo: sfumare la carne con vino bianco per 15-20 minuti, allontanare man mano la schiuma che si forma durante la sfumatura. A parte preparare il sugo con olio, abbondante cipolla, alloro, basilico. Aggiungere la carne sfumata e lasciare cuocere a fuoco lento per circa 2 ore.Servire con ricotta salata grattugiata.

PERIODO DI LAVORAZIONE: Dal mese di luglio al mese di agosto.

territorio = RC

INGREDIENTI UTILIZZATI: Pasta: Farina e acqua. Sugo: carne di capra, vino bianco, cipolla, olio, basilico, alloro, sale. Condimento: Ricotta salata.

Dati relativi al maccherone:

FORMA: Filiforme.

DIMENSIONI MEDIE: Lunghezza pasta circa 10 cm.

PESO MEDIO: 5 gr.

SAPORE: Deciso e pieno.

ODORE: Forte.

AREA DI PRODUZIONE: Costa jonica della Provincia di Reggio Calabria.

La pasta fece la sua prima apparizione sulle mense calabresi già nel VII sec. a.C., la sua presenza si è consolidata, anche in senso quantitativo, con la dominazione araba e nei successivi momenti storici. Nella sua evoluzione dinamica essa si arricchì di forme e sapori. L uso più tradizionale rimane, comunque, quello dei maccaruni  è casa.Il termine maccherone è di origine greca (macarios) e significa  cibo divino  o meglio  cibo che dà la felicità . Si deve ai bizantini l introduzione nella gastronomia calabrese della carne di capra, di maiale e delle verdure.

Frittelle di fiori di zucca (Sciuriddi)

frittelle di fiori di zucca
frittelle di fiori di zucca

Pietanza tradizionale delle popolazioni poco abbienti, la cui condizione stimolava la fantasia delle massaie, che dovevano far fronte ad uno stato profondo di povertà sociale. Si spiega, così, la massiccia presenza di verdure e prodotti poveri utilizzati per fronteggiare l’indisponibilità di elementi pregiati o costosi come la carne, il pesce, ed il burro. Citata su “Vini e cibi della Calabria” di Albani e Bonacina, edizione effemme – Chiaravalle Centrale, 1977.

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Frittata pasquale

LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.

TECNICHE DI LAVORAZIONE: Sbattere le uova, aggiungere la ricotta, la salsiccia, il formaggio pecorino, le curcuci. Imbiondire in una padella l’aglio tritato nell’olio caldo e versare il composto. A fine cottura aggiungere il prezzemolo tritato.

PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

territorio = RC

INGREDIENTI UTILIZZATI: Ricotta, salsiccia, uova, formaggio pecorino, curcuci o frittole conservati nello strutto, prezzemolo sale ed aglio.

FORMA: Rotonda.

DIMENSIONI MEDIE: Varie.

PESO MEDIO: Varie.

SAPORE: Pieno e gustoso.

ODORE: Intenso.

AREA DI PRODUZIONE: Bova (RC).

Pietanza legata alla festività pasquale…si racconta che è tradizione mangiarla a colazione la mattina di Pasqua.

Zeppole (Zzippuli i San Giuseppi)

Dolce tipico di Reggio Calabria si prepara il 19 Marzo per la festa di San Giuseppe. La versione odierna prevede una variante, piuttosto che essere aromatizzate con l’alloro sono ripiene di crema pasticcera. Citata su:

  • “La cucina rustica regionale – 3 Italia meridionale” di Carnicina e Veronelli, Biblioteca Universale Rizzoli, 1976.
  • “Il libro d’oro della cucina e dei vini di Calabria e Basilicata” di Ottavio Cavalcanti, Mursia Editore – 1979.

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Xialuni

LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.

TECNICHE DI LAVORAZIONE: Il prodotto si realizza in due fasi: prima si lavora manualmente l’impasto per la pasta con 1/4 di latte, 3 uova, il lievito naturale e 1/4 di zucchero; quando la pasta è pronta la si lascia riposare. Quindi si prepara l’impasto con ricotta indurita e grattugiata e zucchero, lo si mescola fino a rendere il tutto amalgamato.Si prepara la pasta a mo’ di crostata e si cosparge l’impasto di sopra, quindi lo si inforna nel forno a legna ad una temperatura che può variare fra i 150 e i 180°C e lo si fa cuocere per circa quaranta minuti.

PERIODO DI LAVORAZIONE: Periodo Pasquale.

territorio = RC

INGREDIENTI UTILIZZATI: Farina di grano tenero, latte vaccino, ricotta vaccina di Ciminà, zucchero, lievito naturale (tutti gli ingredienti sono di provenienza locale).

AREA DI PRODUZIONE: Cirella di Platì, Platì, Ciminà, San Nicola di Ardore (tutti in Provincia di Reggio Calabria).

Questo dolce viene realizzato nel periodo pasquale nel territorio di Platì e Ciminà. Ha una tradizione prettamente familiare ed una produzione esclusivamente locale (fuori dal comprensorio di Platì e Ciminà e sconosciuto); la ricetta viene tramandata da madre in figlia da almeno 3/4 generazioni. Non si conoscono varianti di questo prodotto.

Torrone gelato (Turruni gelatu)

LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.

TECNICHE DI LAVORAZIONE: Fare bollire le mandorle, togliere loro le pellicine e tagliarle a filetti, lasciarne qualcuna intera. Impastare lo zucchero a velo con le essenze e l’acqua, aggiungere i canditi tagliati a pezzetti irregolari. Stendere l’impasto su un telaio, aiutandovi con una spatola bagnata, in modo da ottenere uno strato spesso circa 5 cm.; lasciare riposare all’aria almeno 24 ore. Tagliare l’impasto indurito a riquadri e immergerli nel cioccolato fuso a bagnomaria.

PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

territorio = RC

INGREDIENTI UTILIZZATI: Frutta candita (cedro, arancio, zucca colorata, ciliegie), mandorle sgusciate, zucchero a velo, cioccolata fondente, essenze aromatiche (limone, mandarino).

FORMA: Tronco.

DIMENSIONI MEDIE: Lungo 20 cm. e largo 10 cm.

PESO MEDIO: 500 gr.

SAPORE: Dolciastro.

ODORE: Frutta candita.

AREA DI PRODUZIONE: Reggio Calabria, Bagnara Calabra.

“Veniva poi il turno dei torroni, la cui tipologia pur non raggiungendo quella di oggi, era abbastanza ampia. Oltre al tradizionale torrone gelato, il più delle volte fatto in casa, vi erano i torroni….” :  Tratto da “Quando a Reggio non c’erano i cornetti” di Giuseppe Polimeni pubblicato su Calabria Sconosciuta n. 58 – anno XVI, 1993.Dolce tipico di Reggio e Bagnara legato alla feste natalizie.Citato su:- “Quando a Reggio non c’erano i cornetti” di Giuseppe Polimeni pubblicato su Calabria Sconosciuta n. 58 – anno XVI, 1993;- “Il libro d’oro della cucina e dei vini di Calabria e Basilicata” di Ottavio Cavalcanti, Editore Mursia – 1979;- “Panza chjina fa cantari – cucina e vini di calabria” di Ottavio Cavalcanti, P. Perri Editore.

Tartine di sanguinaccio (Tartini i sanguinacciu)

LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.

TECNICHE DI LAVORAZIONE: Filtrare il sangue per togliere eventuali impurità e versarlo in una casseruola. Unire il mosto cotto oppure il latte, lo zucchero, il cacao ed un po’ di cannella, precedentemente pestata nel mortaio insieme ai chiodi di garofano. Farlo cuocere a fuoco lento, rimestando con delicatezza ed a lungo. Il sangue dovrà addensarsi in una crema, solo allora aggiungere al sanguinaccio le mandorle e le noci tritate grossolanamente, l’uvetta già ammorbidita ed i pinoli. Riempire le tartine e servire ben freddo.

PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

territorio = RC

INGREDIENTI UTILIZZATI: Sangue di maiale, zucchero, mosto cotto o cioccolato fondente, latte, amido o fecola di patate, uvetta sultanina, pinoli, mandorle, gherigli di noci, cannella, chiodi di garofano.

FORMA: Tartina.

DIMENSIONI MEDIE: 5 – 6 cm.

PESO MEDIO: 50 – 70 gr.

SAPORE: Deciso.

ODORE: Intenso.

tradizione = Si prepara e si consuma nello stesso periodo (invernale) in cui si celebra il rito delle frittole del maiale, proprio per le sue caratteristiche di consistenza, robustezza e “pesantezza”. Il “massaro” raccoglie il sangue del maiale ancora caldo in un secchio, lo mescola ininterrottamente per alcuni minuti per evitare che coaguli.Era in uso sin dal XIX secolo, veniva servito durante i matrimoni su cialde o crostoni zuccherati, o fritto o salato e piccante.La ricetta è riportata su “Il libro d’oro della cucina e dei vini di Calabria e Basilicata” di Ottavio Cavalcanti, Editore Mursia – 1979.

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