cannella

Turdilli (Turdiddri)

Questi dolci, tipicamente delle zone del cosentino, fanno ormai parte della tradizione dolciaria natalizia. Consumati freddi vengono solitamente accompagnati da liquori dolci o vini liquorosi. Esiste documentazione che comprova la tradizionalità del prodotto presso testi di cucina calabrese e di storia delle tradizioni popolari.

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Tartine di sanguinaccio (Tartini i sanguinacciu)

LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.

TECNICHE DI LAVORAZIONE: Filtrare il sangue per togliere eventuali impurità e versarlo in una casseruola. Unire il mosto cotto oppure il latte, lo zucchero, il cacao ed un po’ di cannella, precedentemente pestata nel mortaio insieme ai chiodi di garofano. Farlo cuocere a fuoco lento, rimestando con delicatezza ed a lungo. Il sangue dovrà addensarsi in una crema, solo allora aggiungere al sanguinaccio le mandorle e le noci tritate grossolanamente, l’uvetta già ammorbidita ed i pinoli. Riempire le tartine e servire ben freddo.

PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

territorio = RC

INGREDIENTI UTILIZZATI: Sangue di maiale, zucchero, mosto cotto o cioccolato fondente, latte, amido o fecola di patate, uvetta sultanina, pinoli, mandorle, gherigli di noci, cannella, chiodi di garofano.

FORMA: Tartina.

DIMENSIONI MEDIE: 5 – 6 cm.

PESO MEDIO: 50 – 70 gr.

SAPORE: Deciso.

ODORE: Intenso.

tradizione = Si prepara e si consuma nello stesso periodo (invernale) in cui si celebra il rito delle frittole del maiale, proprio per le sue caratteristiche di consistenza, robustezza e “pesantezza”. Il “massaro” raccoglie il sangue del maiale ancora caldo in un secchio, lo mescola ininterrottamente per alcuni minuti per evitare che coaguli.Era in uso sin dal XIX secolo, veniva servito durante i matrimoni su cialde o crostoni zuccherati, o fritto o salato e piccante.La ricetta è riportata su “Il libro d’oro della cucina e dei vini di Calabria e Basilicata” di Ottavio Cavalcanti, Editore Mursia – 1979.

Sammartine (Pitte)

LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Miste.

TECNICHE DI LAVORAZIONE: Si macinano i fichi, si amalgamano con gli altri ingredienti, si impastano con il vino cotto e si fa riposare il tutto per un giorno. si prepara la pasta esterna, si fanno le forme e si mettono in forno.

sammartine

PERIODO DI LAVORAZIONE: Dal mese di novembre al mese di gennaio.

CONSERVAZIONE: Il prodotto si presta a lunga conservazione in luogo asciutto.

territorio = RC

INGREDIENTI UTILIZZATI: Impasto: fichi secchi, noci, mandorle, uva passa, zucchero, garofano, cannella, vino cotto, buccia di mandarino, liquore. Pasta esterna: farina, zucchero, uova, strutto.

FORMA: Varie.

DIMENSIONI MEDIE: Varie.

PESO MEDIO: 50-70 gr.

SAPORE: Semidolce.

ODORE: Gradevole.

COLORE: Bianco sporco.

AREA DI PRODUZIONE: Comuni della Locride (Provincia di Reggio Calabria).Prodotto tradizionale della pasticceria familiare e aziendale del comprensorio della Locride.

Pitta ‘mpigliata o ‘mbigliulata (Pitta ‘nchiusa, Pitta ccu passuli)

pitta 'nchiusa
pitta ‘nchiusa

Sono state trovate tracce di questo dolce nuziale in un documento notarile che risale al 1728. Si tratta di un contratto di matrimonio stipulato tra i coniugi Giaquinta di San Giovanni in Fiore che acconsentono di dare in sposa la propria figlia al possidente Battista Caligiuro, alle condizioni che: “…a far la bocca dolce ai commensali penserà la famiglia dello sposo, che a fine pranso dovrà offrire la pitta ‘mpigliata preparata anzitempo curando che la pitta sia di finezza giusta…”.

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Pignolata al miele (Napiteddhi)

Pignolata_miele(Napiteddhi)

“Il Carnevale, si diceva, era la festa della trasgressione, dell’illiceità, del superamento dell’atavica fame. Sulla tavola trasbordavano i maccarruni i zita con ragù di maiale (rassu e mariu), pasta o furnu, polpette che piacevano ai bambini, ma questi aspettavano soprattutto la distribuzione generosa della pignolata. Questo dolce era composto da palline di pasta fritte nello  strutto e poi assemblata in mucchietti ricoperti con glassa di cioccolato ed al limone, oppure composto in piccoli coni impastati e ricoperti con il miele e decorati con confettini colorati (napiteddhi)”

da “Quando a Reggio non c’erano i cornetti” di Giuseppe Polimeni, pubblicato su Calabria Sconosciuta anno XVI n. 58. Citata in:

  • “L’aristocrazia dei cibi”, Luigi Veronelli nel supplemento al n. 1211 di EPOCA 1973, Mondatori Milano;
  • “Reggio Calabria arcobaleno d’Italia”, a cura dell’A.A.S.T., Reggio Calabria 1955.

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